A quanto pare l’agricoltura è uno dei pochi (se non l’unico) comparto a trainare l’economia nazionale. Stando a quanto riportato in queste ultime ore dalle principali agenzie di stampa il pil (prodotto interno lordo) generato dal comparto agricolo nel 2013 segna +0,6% di valore aggiunto rispetto al 2012 invece che lo 0,3% stimato solo poche settimane fa.

La revisione dei conti economici effettuata nei giorni scorsi dall’Istat in seguito ai nuovi criteri introdotti da Bruxelles nelle regole di contabilità nazionale, segnala un miglioramento abbastanza sorprendente per il settore agricolo.

Dopo il ricalcolo del Pil nazionale (Prodotto interno lordo) l’Istat evidenzia che l’agricoltura italiana vale di più rispetto a quanto calcolato con i vecchi metodi di calcolo. In pratica sono stati eseguiti dei riconteggi approfonditi che hanno fatto emergere con maggiore precisione il reale valore di alcune attività connesse all’agricoltura che prima erano “invisibili”. Il merito della crescita del valore stimato dall’Istat è legato in buona parte della multifunzionalità, branca dell’agricoltura grazie alla quale l’intero settore primario è arrivato a rappresentare il 2,1% del prodotto interno lordo italiano.

Fatti due conti stiamo parlando di circa 2 miliardi di euro aggiuntivi, che non sono proprio bruscolini, riconducibili a diverse “nuove” attività: energie rinnovabili (fotovoltaico e biomasse), fattorie didattiche, attività turistiche e ricreative, vendita diretta in azienda e agricoltura sociale.

Ma non solo: buona parte della crescita va anche alla produzione di mangimi e alle aziende agricole che si occupano della sistemazione di parchi e giardini (il cosiddetto verde urbano) o la manutenzione del territorio e del paesaggio.

Una bella conferma che l’agricoltura oggi è il settore che sembra meglio adattarsi ai nuovi modelli di sviluppo post crisi, offrendo ai giovani ampie possibilità non solo lavorative, ma anche imprenditoriali (vedi articolo a questo link https://www.lg-italia.it/agriblog/agricoltura-per-i-giovani-italiani-e-il-lavoro-del-futuro/ ).

Preoccupa però la flessione dei consumi alimentari in atto nel nostro Paese, che si riducono del 3,5% rispetto al 2012 e di quasi l’8% (-7,8%) rispetto al 2009 in termini reali. Un fenomeno che si registra da alcuni anni e che supera il calo complessivo dei consumi attestato intorno al 5%.

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